La Corte di Cassazione esamina il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica avverso un’ordinanza con cui il Tribunale aveva accolto la richiesta di riesame proposta da un sindaco per la revoca del sequestro preventivo disposto dal G.i.p. su di un plesso scolastico per rischio sismico. E accogliendo il ricorso giunge alla conclusione che “in materia di sequestro preventivo di cui all’art. 321 cod. proc. pen., ove venga in considerazione il pericolo di aggravamento del reato con riguardo al perdurante utilizzo di un immobile pubblico la cui realizzazione sia soggetta al rispetto di normativa antisismica, la nozione di concreta possibilità del pericolo, che va scrutinata in ragione della natura del bene e di tutte le circostanze che connotino il fatto, è insita nella violazione della normativa dì settore (arg. ex Sez. 4, n. 6382 del 18/01/2007, Gagliano, Rv. 236104).
E aggiunge che “la inosservanza della regola tecnica di edificazione proporzionata al rischio sismico di zona, anche ove quest’ultimo si attesti su percentuali basse di verificabilità, integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del pericolo e come tale va indagata e rileva ai fini dell’applicabilità del sequestro preventivo”.
Per la Corte Suprema nessun rilievo avrebbe pertanto potuto attribuirsi alla circostanza che l’edificio insistesse su territorio classificato a bassa sismicità o che l’inadeguatezza dell’immobile rispetto ai parametri costruttivi antisismici fosse minima.
Il richiesto periculum sarebbe stato integrato infatti dal mantenere in funzione un edificio scolastico che, in quanto non rispettoso della normativa antisismica, sarebbe stato portatore di possibili conseguenze sulla incolumità dei terzi.
Il Tribunale aveva ritenuto l’insussistenza di un pericolo concreto ed attuale di crollo ragionevolmente derivante dal protratto utilizzo del bene secondo destinazione d’uso, avuto riguardo all’attività scolastica nel primo svolta ininterrottamente dalla fine degli anni sessanta.
In ragione dell’accertamento condotto dal tecnico che aveva redatto il certificato di idoneità statica dell’edificio, il rischio sismico era risultato — in applicazione del cd. indicatore del rischio di collasso previsto dalle ‘Norme tecniche per le costruzioni’ emanate con il d.m. 14 gennaio 2008 — pari a 0,985, registrando in tal modo una ‘inadeguatezza minima rispetto ai vigenti parametri costruttivi antisismici’ soddisfatti al raggiungimento del valore ‘1’, espressivo dell’assenza di criticità in caso di terremoto, in un territorio a bassa sismicità, qual era quello su cui insisteva l’edificio già attinto da sequestro.
Il Pubblico ministero ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e delle norme integrative, deducendo che in materia antisismica il pericolo legittimante l’adozione del sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., nella non prevedibilità dei terremoti, doveva intendersi insito nella violazione della normativa di settore, indipendentemente dall’esistenza di un pericolo in concreto.
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