TAR Campania. quando la revoca dell’aggiudicazione è illegittima

(sf) Il ritiro di un’aggiudicazione legittima postula, in particolare, la sopravvenienza di ragioni di interesse pubblico (o una rinnovata valutazione di quelle originarie) particolarmente consistenti e preminenti sulle esigenze di tutela del legittimo affidamento ingenerato nell’impresa che ha diligentemente partecipato alla gara, rispettandone le regole e organizzandosi in modo da vincerla, ed esige, quindi, una motivazione particolarmente convincente circa i contenuti e l’esito della necessaria valutazione comparativa dei predetti interessi. Resta da chiarire che i canoni di condotta appena precisati restano validi anche per le procedure di aggiudicazione soggette alla disciplina del d.lgs. n. 50 del 2016, nella misura in cui il paradigma legale di riferimento resta, anche per queste ultime, l’art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990, e non anche la disciplina speciale dei contratti, che si occupa, infatti, di regolare il recesso e la risoluzione del contratto, e non anche la revoca dell’aggiudicazione degli appalti (ma solo delle concessioni) (cfr. Consiglio di Stato, cit e Cons. St., sez. V, 19 maggio 2016, n. 2095).

E’ quanto afferma il TAR Campania (sentenza in fondo alla pagina) ribadendo che i presupposti che reggono e giustificano l’atto di ritiro sono codificati dall’art. 21-quinquies e consistono nella sopravvenienza di motivi di interesse pubblico, nel mutamento della situazione di fatto (imprevedibile al momento dell’adozione del provvedimento) e in una rinnovata (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico originario (tranne che per i provvedimenti autorizzatori o attributivi di vantaggi economici).

Un’esegesi e un’applicazione della disposizione in esame che siano coerenti con i principi generali dell’ordinamento della tutela della buona fede, della lealtà nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione e del buon andamento dell’azione amministrativa (che ne implica, a sua volta, l’imparzialità e la proporzionalità) impongono, allora, la lettura e l’attuazione della norma secondo i canoni stringenti di seguito enunciati: a) la revisione dell’assetto di interessi recato dall’atto originario dev’essere preceduta da un confronto procedimentale con il destinatario dell’atto che si intende revocare; b) non è sufficiente, per legittimare la revoca, un ripensamento tardivo e generico circa la convenienza dell’emanazione dell’atto originario; c) le ragioni addotte a sostegno della revoca devono rivelare la consistenza e l’intensità dell’interesse pubblico che si intende perseguire con il ritiro dell’atto originario; d) la motivazione della revoca dev’essere profonda e convincente, nell’esplicitare, non solo i contenuti della nuova valutazione dell’interesse pubblico, ma anche la sua prevalenza su quello del privato che aveva ricevuto vantaggi dal provvedimento originario a lui favorevole (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 29/11/2016, n. 5026).

D’altro canto, aggiunge il Tribunale, ad ulteriore riprova della illegittimità dell’atto impugnato, è del tutto mancata la fase, ineludibile, del confronto procedimentale con l’aggiudicataria definitiva.

Secondo giurisprudenza pacifica, l’Amministrazione, quando intenda procedere al riesame in autotutela del provvedimento di aggiudicazione definitiva, con il quale sia stato concluso il procedimento di affidamento di un contratto pubblico o di una concessione, deve adempiere alla prescrizione imposta dall’art. 7 della legge n. 241/1990 (cfr., ex multis, T.A.R. Milano, (Lombardia), sez. I, 08/06/2016, n. 1142; C.d.S., Sez. V, n. 5925/2007; T.A.R. Sardegna, Sez. I, n. 1721/2008), provvedendo alla comunicazione dell’avvio del procedimento nei confronti dell’aggiudicatario la cui sfera giuridica potrebbe essere incisa dagli effetti sfavorevoli derivanti dall’adozione dell’atto di revoca e ciò in quanto, in ipotesi di ritiro in autotutela dell’aggiudicazione definitiva, l’obbligatorietà della preventiva comunicazione nei confronti dell’impresa aggiudicataria consegue alla titolarità, in capo a quest’ultima, di una posizione giuridica qualificata, la quale consente ad essa di poter interloquire con l’Amministrazione, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve essere indirizzata l’azione amministrativa, e a un’adeguata ponderazione dello stesso con quello privato.

testo della sentenza

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