La Corte di Cassazione, con la sentenza 29911/2018 (link in fondo alla pagina) affronta il caso di una richiesta di risarcimento avanzato da una impresa di costruzioni che, dopo avere effettuato lavori per somma urgenza, non ricevuto il compenso per la prestazione effettuata, a causa della mancata registrazione dell’impegno. Al riguardo la Corte suprema si esprime nel senso di ritenere inesistente l’obbligazione con il comune e improponibile l’azione di indebito arricchimento. Afferma infatti che “Il funzionario pubblico che abbia attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso (ossia al di fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme cd. di evidenza pubblica), risponde, ai sensi dell’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla I. n. 144 del 1989, degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell’ente, essendo preclusa anche l’azione di ingiustificato arricchimento per carenza del necessario requisito della sussidiarietà, che è esclusa quando esista altra azione esperibile non solo contro l’arricchito, ma anche verso persona diversa. Né può ipotizzarsi una responsabilità dell’ente ex art. 28 Cost., in quanto tale norma presuppone che l’attività del funzionario sia riferibile all’ente medesimo, mentre la violazione delle regole contabili determina una frattura del rapporto di immedesimazione organica con la pubblica amministrazione”.
E aggiunge inoltre “che, in mancanza, il rapporto obbligatorio non è riferibile all’ente, ma intercorre, ai fini della controprestazione, tra il privato e l’amministratore o funzionario che abbia assunto l’impegno; tale inderogabilità non conosce eccezioni (come chiarito da Sez. U, 18 dicembre 2014, n. 26657 in fattispecie di spesa interamente finanziata da altro ente pubblico), né il procedimento di riconoscimento di un debito fuori bilancio, ex art. 5 del d.lgs. 15 settembre 1997, n. 342, poi trasfuso nell’art. 194, comma 1, lett. e),del d.lgs. n. 267 del 2000, n. 267, può valere ad introdurre una sanatoria per i contratti nulli o, comunque, invalidi – come quelli conclusi senza il rispetto della forma scritta ad substantiam – ovvero a derogare al regime di inammissibilità dell’azione di indebito arricchimento di cui al citato art. 23 del decreto-legge n. 66 del 1989 (in tal senso Sez. 1, 27 gennaio 2015, n. 1510)”.
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